Jan van Eyck e i Monuments men

Jan van Eyck e i Monuments men

Jan van Eyck e Hubert van Eyck, Polittico dell’Agnello Mistico, (1426-1432), Cattedrale di San Bavone, Gand

Nella primavera del 2019, gli Amici della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore hanno potuto ammirare alcuni pannelli del polittico dell’Agnello Mistico di Van Eyck nel laboratorio di restauro del Museum voor Schone Kunsten di Gand, uno dei grandi capolavori della pittura. Oggi tali pannelli sono esposti nella mostra Jan van Eyck: una rivoluzione ottica, ospitata nello stesso Museo insieme ad altre opere certe e oggetti rari.

Iniziata dal fratello Hubert e completata da Jan van Eyck, la pala fu oggetto di pellegrinaggi nei secoli successivi da parte di artisti venuti da ogni parte per carpire i segreti dei colori, della pittura ad olio, dei giochi chiaroscurali, dei dettagli realistici dei ritratti. La mostra offre un’occasione unica per poter vedere ad altezza d’uomo i pannelli esterni del polittico prima del loro trasferimento definitivo nella cattedrale di S. Bavone, dopo il restauro costato oltre due milioni di euro. L’équipe che lo ha curato si è servita di tecnologie d’avanguardia per poter procedere ad un intervento delicato: un algoritmo ha fornito le informazioni necessarie per suddividere i diversi stadi di colore e garantire la pulitura fino allo stato originario del dipinto.

La storia del polittico nei secoli è stata avventurosa. Quella più famosa è legata al suo sequestro da parte dei nazisti nel 1942, che lo nascosero in una miniera di sale assieme ad altri capolavori, in attesa di costituire il museo di Hitler. L’episodio ha ispirato il film Monuments men – le forze speciali alleate costituite per salvare le opere d’arte europee – che recuperarono il capolavoro e lo consegnarono al Belgio. Ritornando al pittore: se le notizie biografiche su Jan van Eyck sono tanto scarne da sfiorare il mistero, le sue opere, al contrario, sono famosissime; basti citare il ritratto dei coniugi Arnolfini, a dimostrazione del suo interesse da uomo di scienze per la rifrazione della luce, per l’ottica e per la matematica.


Tiziano e Pietro Aretino, amici per la pelle

Tiziano e Pietro Aretino, amici per la pelle


Tiziano Vecellio, Ritratto di Pietro Aretino, (1545), Firenze, Palazzo Pitti

L’attuale mostra degli Uffizi, Pietro Aretino e l’arte del Rinascimento, espone il ritratto del letterato realizzato da Tiziano nel 1545 e conservato a Palazzo Pitti. L’esposizione si basa sui recenti esiti degli studi sul ruolo dell’Aretino, letterato, collezionista e grande fustigatore tanto amato quanto temuto dai suoi contemporanei. Ha costruito la sua fortuna facendo dialogare la comunicazione letteraria con le arti visive, tanto efficacemente da iniziare a ritagliarsi spazi lucrosi presso i suoi mecenati. Si esprime in tutti i generi letterari con rara incisività, passando dal sonetto alla commedia, alla composizione licenziosa, tutto con estrema naturalezza. Lavora per i grandi d’Europa e si costruisce una rete di amicizie importanti, conoscendo i vizi e le virtù del cortigiano. Lasciata Roma nel 1527 a causa del Sacco, si stabilisce a Venezia, città degli stampatori e degli editori, dove si rafforzano la sua fama e il suo potere, portandolo a autodefinirsi “il segretario del mondo”. Stringe un legame indissolubile con Tiziano e Jacopo Sansovino. Insieme danno origine a un triumvirato. Nessun letterato aveva capito come l’Aretino le qualità del genio pittorico del Cadorino, descrivendone le opere con l’acutezza di un moderno critico d’arte.

In cambio Tiziano dipinge due ritratti dell’amico da usare come immagine pubblica, nei quali traspare l’affermazione sociale conquistata, il suo ruolo di consigliere e di uomo di potere. Il primo, dipinto intorno al 1537 e conservato alla Flick Collection di New York, non è in mostra, perché, come è noto, è inamovibile, in quanto appartiene al nucleo originario della collezione.

Nel ritratto esposto, Tiziano evidenzia tutti i simboli di un’immagine pubblica: la figura monumentale, lo sguardo terribile, la veste ricchissima e la catena d’oro, una delle molte ricevute in dono (anche da Francesco, re di Francia), proprio per esibire la potenza del suo ruolo. L’Aretino ne fa buon uso inviandola in dono al granduca Cosimo de’ Medici per guadagnarsi qualche favore presso la corte fiorentina. Nella lettera che accompagna l’opera, Pietro loda le qualità del pittore, unico nel saper fare ritratti vivi e veri, dimostrando un’altra volta che l’opera d’arte era un mezzo dal quale trarre profitto. Al contempo, Tiziano trova nell’amico il miglior letterato che con i suoi scritti ha contribuito a farlo conoscere, nonché l’influente curatore della sua immagine di artista.


Le Marie Maddalene di Tiziano tra repliche e varianti

Le Marie Maddalene di Tiziano tra repliche e varianti


Tiziano Vecellio, Maddalena penitente, collezione privata

A Palazzo Martinengo di Brescia è in corso una mostra che celebra la bellezza femminile nei secoli, dal titolo Le donne nell’arte: da Tiziano a Boldini. L’opera di Tiziano che apre l’esposizione è un olio su tela raffigurante una Maria Maddalena, che viene presentata come una delle molte varianti del modello conservato alla Galleria Palatina di Palazzo Pitti a Firenze. L’opera appartiene a una collezione privata tedesca e viene esposta in Italia per la prima volta.

L’esposizione è un’occasione per proporre un breve approfondimento sul tema delle Marie Maddalena, che contribuirono ad accrescere la fama del pittore cadorino, e che sono oggetto di un’attuale ricerca del Centro Studi.

Maria Maddalena dipinta a mezzobusto in un paesaggio è un’invenzione di Tiziano destinata a un grande successo e a una straordinaria diffusione, tanto che il primo modello dipinto nel 1531 sarà ripetuto fino agli anni ’60 con repliche e varianti. Committenti, destinatari e supporter sono i grandi nomi dell’epoca: Federico Gonzaga, Alfonso d’Avalos, Vittoria Colonna, Isabella d’Este, Alessandro Farnese, Pietro Aretino e Filippo II, per citarne alcuni.

Probabilmente le Maddalene dell’Ermitage, di Capodimonte, di Stoccarda e la Candiani sono quattro opere autografe. La prima, giunta dallo studio di Tiziano dopo la sua morte alla collezione Barbarigo e poi passata nelle collezioni di San Pietroburgo, è considerata la più eccellente e sarebbe stata il modello per le successive esecuzioni, per cui di volta in volta alla mano di Tiziano si aggiungevano quelle dei collaboratori in misura diversa.

Le dimensioni ridotte delle diverse realizzazioni, il contrasto tra la fisicità del corpo e il volto, che emana pentimento e dolore, ne fanno un genere dalla duplice funzione, sia devozionale che politica. Venivano usate dai donatori con il carattere della supplica e dell’intercessione. Neppure Tiziano vi si sottrasse e mandò in dono a Filippo II una sua Maria Maddalena accentuandone le lacrime per chiedere la riscossione di un credito di ben duecento scudi con la motivazione di dover far fronte a “li bisogni del suo devotissimo servo”.

Nel volume Le botteghe di Tiziano, Giorgio Tagliaferro affronta il tema del modello, delle repliche e delle varianti, compreso il genere delle Marie Maddalene contestualizzate nella dinamica della fabbrica di immagini di Tiziano. Come già accennato, la Fondazione Tiziano e Cadore ha avviato una ricerca sul tema. A breve verranno rivelati gli esiti del lavoro.


Tiepolo e Rubens in un'asta imperdibile

Tiepolo e Rubens in un’asta imperdibile

C’è grande attesa per l’asta di Sotheby’s che si terrà a New York dal 29 al 31 gennaio prossimi. Saranno battute due opere straordinarie: la Madonna del Rosario di Giovanni Battista Tiepolo e la Vergine con il Bambino, S. Elisabetta e S. Giovanni Battista di Peter Paul Rubens, entrambe appartenenti a collezioni private. La prima è un capolavoro per qualità e dimensioni. Poiché Tiepolo eseguiva affreschi o pale d’altare tutt’ora conservate nei siti originari, le opere con queste caratteristiche sul mercato internazionale sono rarissime.

Dopo essere stata esposta a Londra, la Madonna del Rosario è approdata a New York per l’imminente asta. Su commissione domenicana, fu dipinta per una chiesa di Vicenza intorno al 1734, nel periodo migliore dell’artista veneziano, in occasione del suo soggiorno a Villa Loschi Zilieri per realizzare gli affreschi. La stima si aggira intorno ai 15 milioni di euro. La seconda opera, dipinta dal maestro del barocco fiammingo, Rubens, tra il 1611 e il 1614, è una recente riscoperta di proprietà di una famiglia di New York e dal 1951 non è mai stata esposta al pubblico. Per questo motivo risulta poco conosciuta e poco studiata.

Cosa hanno in comune i due artisti appartenenti a secoli diversi? La committenza e la fama europee, l’audacia nella capacità esecutiva, l’uso del colore e della luce, soddisfacendo il gusto dei loro tempi. Entrambi sono stati radicati nella tradizione del predecessore Tiziano, che hanno reinterpretato con modernità. In asta anche una veduta veneziana di Canaletto e un capriccio di Francesco Guardi di proprietà del Metropolitan Museum of Art di New York, i cui proventi andranno a beneficio del fondo acquisizioni. Un appuntamento imperdibile per i collezionisti di arte antica e veneta, mentre agli altri interessati non resta che la curiosità di sapere dove finiranno i capolavori.


Il modello innovativo della Fondazione MUVE

Il modello innovativo della Fondazione MUVE

(immagine da Artribune)

La Fondazione gestisce gli undici musei civici di Venezia (tra cui Palazzo Ducale, Museo Correr, Ca’ Pesaro, Palazzo Fortuny) ed è stata costituita nel 2008 dal Comune di Venezia per gestire un patrimonio pubblico con i metodi di un sistema privato, cosicché la razionalizzazione è divenuta il principio che ha permesso di avere un bilancio in utile, tanto da non rendere necessario alcun l’intervento pubblico per la vita della Fondazione MUVE. Per garantire un bilancio in attivo sta sviluppando il settore delle grandi mostre ed ha avviato una collaborazione con i musei del mondo e il successo dell’esposizione su Tintoretto, condivisa con Washington, è un esempio incoraggiante. L’Estate tizianesca nel 2018 ha dedicato un ciclo di conferenze tenute dai curatori delle mostre veneziane presentando in anteprima tutte le iniziative su Tintoretto. Attualmente è in corso a Palazzo Ducale la mostra Da Tiziano a Rubens, che chiuderà il 1° marzo. Vi è esposto Jacopo Pesaro presentato a San Pietro da Papa Alessandro VI, il capolavoro della giovinezza di Tiziano esposto a Pieve di Cadore nel 2013 e il Ritratto di una Dama e sua figlia, sempre di Tiziano. Il ritratto di quest’ultima sarebbe quello della figlia naturale di pittore, Emilia. L’opera è esposta per la prima volta ed è il risultato di un restauro dal quale è emerso il bellissimo ritratto della giovinetta.
Un’altra attività del MUVE, che assicura buone entrate, consiste nell’apertura dei suoi spazi agli eventi privati segnando una crescita costante. Negli ultimi tre anni il suo bilancio è in utile di oltre un milione di euro, una cifra che viene reinvestita nella conservazione e nella valorizzazione del patrimonio e nella sua tutela. Una tutela che ha permesso la messa in sicurezza del sistema di salvaguardia delle opere, così si sono potuti mitigare i danni derivanti dall’ultima acqua alta: i suoi 187 centimetri hanno sì intaccato le strutture dei Palazzi, ma nessuna opera d’arte.


Scoprire il Rinascimento veneziano nella rivista “Venezia Cinquecento”

Scoprire il Rinascimento veneziano nella rivista “Venezia Cinquecento”

 

La rivista scientifica Venezia Cinquecento, fondata dal Augusto Gentili nel 1991 e stampata dall’editore romano Bulzoni, ha chiuso i battenti nel 2015, dopo esattamente 50 volumi pubblicati, circa 10000 pagine e oltre 3500 immagini relative alla stagione rinascimentale veneziana. In un articolo pubblicato sui quotidiani veneti il 22 Dicembre, Enrico Maria Dal Pozzolo auspica la realizzazione degli ‘Indici generali’ della rivista.

Venezia Cinquecento è un’autentica miniera di informazioni sul Rinascimento veneziano. Purtroppo, il suo utilizzo è più che limitato, e per certi aspetti quasi precluso, a causa della mancanza di uno strumento di consultazione qual è l’Indice generale.

L’appello lanciato da Enrico Dal Pozzolo è rivolto a Istituzioni, Enti, Associazioni e/o privati cittadini che abbiano a cuore i valori della cultura veneziana, italiana ed europea. La proposta è quella di costituire una borsa di studio di 10000 euro da assegnare ad un giovane laureato e/o specializzato in Storia dell’arte veneta, che voglia perseguire e portare avanti questo progetto così importante e lungimirante, che darebbe una degna chiusura ad una rivista che per oltre vent’anni di attività ha visto maturare ricerche fondamentali nella ricostruzione di un contesto artistico di uno dei momenti più fervidi della storia della cultura, non solo veneziana.

L’intera collana è consultabile nella Biblioteca W.R. Rearick nella nostra sede a Pieve di Cadore.  


Save Venice, il patrimonio artistico di Venezia e l’opera di Tiziano

Save Venice, l’organizzazione volta a proteggere il patrimonio artistico di Venezia e ha a cuore l’opera di Tiziano  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Save Venice è la maggiore organizzazione no-profit dedicata alla salvaguardia del patrimonio artistico di Venezia. Nata in conseguenza dell’alluvione del 1966, da allora opera instancabilmente per preservare, proteggere e promuovere l’arte e la cultura di Venezia e ha finanziato la conservazione di oltre cinquecentocinquanta progetti che comprendono più di mille opere d’arte individuali. Save Venice è, inoltre, socia co-fondatrice e sostenitrice della Fondazione Centro Studi Tiziano.

Nel 2015, Save Venice ha istituito la Biblioteca e il Centro Studi Rosand a Venezia, creando un nesso per la ricerca su arte, storia e conservazione veneziana. Fornisce anche borse di studio, finanzia mostre e pubblicazioni per la conservazione veneziana. La sede dell’organizzazione si trova a New York, ma l’ufficio veneziano di Palazzo Polignac opera a pieno regime. Diretto da Melissa Conn, che con il suo staff supervisiona diligentemente ogni sito di conservazione e attua protocolli di conservazione aggiuntivi, collabora con le istituzioni veneziane.

Oggi, Save Venice è ancora in prima linea per salvare le opere d’arte e gli edifici sommersi dall’acqua granda dello scorso mese di novembre, tra cui chiese, musei, scuole e altri monumenti storici. Il personale e gli studenti vicini alla benemerita associazione hanno prestato il proprio aiuto in stretta collaborazione con i conservatori e le autorità locali, facendo il punto sui danni e organizzando le prime azioni. Inoltre, ha annunciato la creazione di un fondo di risposta immediata per il recupero del patrimonio più compromesso al fine di garantire i primi interventi. Insieme all’Ambasciata d’Italia a Washington DC, Save Venice sta organizzando un evento per la costituzione di tale fondo, che sarà disponibile già dai primi mesi del 2020.

Il presidente Frederick Ilchman ha recentemente riaffermato l’urgenza della missione di recupero: “Il fondo di risposta immediata consentirà a Save Venice di spostarsi rapidamente per mitigare gli effetti di acqua salata corrosiva e depositi in chiese allagate, musei e edifici pubblici comparabili, a supporto del trattamento di conservazione di emergenza per dipinti, pietre, pavimenti, mobili in legno e libri e documenti d’archivio, oltre a intraprendere la conservazione preventiva per ridurre al minimo i danni da future alluvioni.” L’ambasciatore Armando Varicchio, dal canto suo, ha commentato: “Venezia ha profonde radici storiche ed è una città moderna e vibrante, innovativa e aperta al futuro con un forte background imprenditoriale e industriale. Venezia e i veneziani sono resistenti. Saranno all’altezza di questa sfida”, aggiungendo che “l’eredità del passato, l’energia e il dinamismo di oggi a Venezia sono le solide basi su cui costruire un futuro luminoso per la città”.

La collaborazione con la Fondazione va dal sostegno alla creazione della Biblioteca nella Casa di Tiziano l’Oratore, dedicata alla memoria di R. W. Rearick – lo studioso membro sia di Save Venice che del consiglio scientifico del Centro Studi -, alla partecipazione all’Estate Tizianesca, fino all’organizzazione per gli amici della Fondazione di visite ai cantieri di restauro delle opere tizianesche. Inoltre, il nome di Save Venice si lega a Tiziano con il finanziamento del restauro della Presentazione della Vergine al tempio e della Pala Pesaro. Attualmente è impegnata in quello dell’Assunta dei Frari.


Cesare Vecellio e la Biblioteca Piloni

Cesare Vecellio e la biblioteca Piloni

Sabato 4 gennaio 2020 alle ore 18.00 presso i locali della Sala della Magnifica Comunità di Cadore – Pieve di Cadore si terrà la presentazione dei volumi dipinti da Cesare Vecellio della Biblioteca Piloni.

Intervengono:
Marco Perale con La famiglia Piloni: Le origini, il Cadore, la biblioteca Bernard Aikema con I disegni di Tiziano e di Cesare Vecellio


La biblioteca Piloni è una collezione unica al mondo tanto da risultare un capolavoro rinascimentale. Era formata da 172 volumi di autori e argomenti vari acquistati da Antonio e Odorico Piloni e dipinti sul taglio da Cesare Vecellio con soggetti legati ai contenuti del volume, come autori, paesaggi, figure, animali, simboli, e carte geografiche. I volumi venivano collocati sugli scaffali con il taglio a vista, in modo da dare l’effetto di una galleria di quadri e non di una biblioteca. La biblioteca originaria era stata costituita a Valle di Cadore, luogo dove viveva e aveva un importante palazzo la famiglia Piloni, per poi essere trasferita alla residenza nel centro di Belluno e successivamente nella villa di campagna di Casteldardo in Valbelluna. Nel 1877, la biblioteca  fu venduta al bibliofilo Thomas Brooke e poi, nel 1957, all’antiquario francese Pierre Berés. Con quest’ultima proprietà ha inizio, attraverso aste pubbliche, la dispersione della raccolta. La Biblioteca civica di Belluno dagli anni ’90 è impegnata nell’acquisizione dei volumi che si trovano sul mercato e è stata sostenuta nel progetto dal benemerito intervento della Fondazione Cariverona. Ultimamente ha aperto una nuova sottoscrizione per l’acquisto di un altro prezioso volume, lo Scriptores historiae Augustae di Svetonius Tranquillus Gaius del 1533, che andrebbe ad arricchire la preziosa raccolta. A tal fine, su iniziativa del Lions Club Cadore Dolomiti, il prossimo 4 gennaio, alle ore 18.00, nella Sala del Consiglio della Magnifica Comunità di Cadore, Marco Perale e Bernard Aikema contestualizzeranno per l’occasione Cesare Vecellio, la famiglia e la biblioteca Piloni.


Il mercante dei colori di Tiziano

Il mercante dei colori di Tiziano

 
Tiziano Vecellio, Ritratto di Alvise Gradignan,(ca. 1561-62), Dresda, Gemäldegalerie Alte Meister

Nella raccolta di recensioni Tiziano e il corpo a corpo della pittura. Studi tizianeschi Michele Di Monte ha il merito di segnalare gli studi sul Cadorino degli ultimi due anni che altrimenti rischierebbero di passare inosservati. Propone due studi sul Supplizio di Marsia di Kroměříž – che meritano la lettura – e porta all’attenzione un’opera meno nota recentemente attribuita a Tiziano, il Ritratto di Alvise Gradignan, conservato a Dresda ed esposto quest’anno al Museo Städel di Francoforte in occasione della mostra “Tizian und die Renaissance in Venedig”. L’autrice dello studio, Julia De Lancey, ricostruisce fatti circostanziati con precisione, il profilo biografico, nonché i legami e i rapporti commerciali del personaggio ritratto, noto mercante di colori e fornitore di Tiziano. Ambizioso e desideroso di un’affermazione personale, è consapevole che il ritratto eseguito da un grande artista avrebbe potuto aiutarlo nell’acquisizione dello status di cittadino veneziano necessario per poter ricoprire incarichi pubblici. Un’opera che testimonia il rapporto fiduciario tra il pittore e il suo fornitore di colori, ancor prima che suo committente. Per saperne di più, leggete Studi tizianeschi X


La Pala Genova: di Tiziano o del fratello Francesco?

La Pala Genova: di Tiziano o del fratello Francesco?

 
Francesco Vecellio, Pala Genova, (1519-1527?), Pieve di Cadore, Chiesa Arcidiaconale di Santa Maria Nascente

Per secoli la tizianesca Pala Genova, conservata nella Chiesa Arcidiaconale di Santa Maria Nascente di Pieve di Cadore, non ha avuto una attribuzione certa, in mancanza di documenti che ne attestassero la mano certa: quella di Tiziano o del fratello Francesco, figura artisticamente sfuggente? Grazie al benemerito restauro dell’opera, la Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore ne ha promosso la ricerca per meglio conoscere il contesto nel quale il dipinto è stato realizzato. Lo studio, affidato a tre studiosi, Letizia Lonzi, Antonio Genova e Alessandra Cusinato, ha dato origine a una monografia formata da due saggi che costituiscono i contenuti di La pala Genova di Pieve di Cadore , curata da Stefania Mason. Vengono analizzati documenti, e ricostruito lo spirito religioso del tempo, nonché i rapporti tra le famiglie Genova e Vecellio. Sono narrate le vicende di una famiglia il cui nome continua a legarsi alla Pala e vengono formulate analisi stilistiche e iconografiche: tutti dati messi a confronto – compresa l’accurata relazione del restauratore Therry Radelet – per aiutare a stabilire chi dei due fratelli ne fosse l’autore. Ora Studi tizianeschi X riporta la sintesi del proficuo lavoro, ma per non togliere al lettore il piacere della scoperta, non citeremo l’ipotesi attributiva che ne emerge, augurandogli buona lettura.