La ‘riapparizione’ di Tintoretto

La ‘riapparizione’ di Tintoretto

Tintoretto, Apparizione della Vergine a san Girolamo, (ca. 1582 -1583), Ateneo Veneto,Venezia

Tra gli eccellenti restauri promossi recentemente da SAVE VENICE, va senza dubbio annoverato quello che ha fatto ‘riapparire’, si passi il gioco di parole, la pala di Tintoretto con l’Apparizione della Vergine a san Girolamo. In origine sull’altare della sala dell’Albergo nella Scuola di Santa Maria e di San Girolamo, oggi sede dell’Ateneo Veneto, la tela era di difficile lettura per la cromia alterata da un strato di vernice ingiallita e ossidata.

Il soggetto della pala, che vede protagoniste con pari dignità entrambe le figure celesti è un unicum nella storia dell’arte, e nessuna fonte agiografica menziona tale evento miracoloso. La Scuola Grande, detta anche dei “Picai”, impegnata nell’accompagnamento materiale e spirituale dei condannati a morte al patibolo, era sorta nel 1458 dalla fusione di due Scuole, intitolate rispettivamente a Santa Maria della Giustizia e a San Girolamo.

E’ stato dunque l’organismo direttivo della Scuola a chiedere all’artista, intorno al 1580, di celebrare nella pala entrambi i santi protettori. Con la sua profonda sensibilità e con il suo estro inventivo Tintoretto riesce a instaurare un’unitarietà narrativa tra i due personaggi attraverso la loro relazione spaziale e emozionale, collocando l’evento in una ambientazione naturale lussureggiante e ricca di simbolismi religiosi.

La connessione della pala con l’ambiente che la accoglieva non è irrilevante al fine di comprendere il suo messaggio, al di là della celebrazione dei titolari divini della Scuola. Essa era destinata ai governatori della Scuola e, nelle occasioni drammatiche delle esecuzioni capitali, ai confratelli che avevano il compito di confortare i condannati al patibolo, dopo aver partecipato alla messa proprio davanti all’altare con la pala di Tintoretto.

Il contributo si deve a Stefania Mason


Un falso santo a New York

Un falso santo a New York

Tiziano (attribuito a), Cadmo e il drago, già San Teodoro (ca. 1560), penna e inchiostro bruno, Pierpont Morgan Library, New York

Un disegno della Pierpont Morgan Library di New York, se non autografo di Tiziano sicuramente nato nella sua bottega verso il 1560, mostra una scena a prima vista enigmatica: in un ameno paesaggio un giovane guerriero colto di spalla allarga le braccia in segno di spavento. Indossa una corazza all’antica e regge con la sinistra una corta lancia. Davanti a lui un drago che, in quanto chiaramente morto, in realtà non dovrebbe più destare troppa paura.

Un san Giorgio appiedato e privo della sua armatura da cavaliere medioevale? Oppure un san Teodoro, patrono di Venezia prima dell’avvento dell’evangelista Marco? Probabilmente né l’uno né l’altro, anche perché entrambi sì uccisori di un dragone, ma protagonisti di vicende del tutto diverse. Proviamo a percorrere un’altra pista.

Un ragazzo molto simile per posa e abbigliamento ritorna infatti in un famoso dipinto tizianesco quasi esattamente coevo. Di recente acquisito congiuntamente dalla National Gallery di Londra e dalla National Gallery of Scotland di Edimburgo, illustra un mito ovidiano: la disavventura di Atteone, comprensibilmente spaventato quando scopre Diana e le sue ninfe che fanno il bagno. L’artista, nel periodo in questione, leggeva dunque le Metamorfosi e in particolare doveva tenere aperto il terzo libro: laddove si narra la storia dello sfortunato cacciatore trasformato in cervo e sbranato dai suoi propri cani per aver violato il secreto della dea.

Da lì, basta però voltare indietro qualche pagina per imbattersi in una storia che calzi a pennello con quella raccontata nel foglio newyorkese. Cadmo, contemplando un drago che ha appena ammazzato, rabbrividisce allorché lo apostrofa una voce misteriosa, quella di Minerva che gli predice un terribile destino: lui stesso verrà trasformato in un serpente. Ecco il motivo del timore concepito dal nostro giovane! E, per sopramercato, Cadmo non è nientemeno che il nonno di Atteone! Perduta la sua (invisibile) aureola, l’eroe del disegno americano recupera così la sua vera (mitologica) identità.

Il contributo si deve a Peter Lüdemann


Affinità elettive: Tiziano e Pierluigi Pizzi

Affinità elettive: Tiziano e Pierluigi Pizzi


Casa di Pier Luigi Pizzi – Venezia – Foto Cristiano Miretti

Nel suo brillante articolo, apparso nella “Repubblica” del 7 giugno 2020, Natalia Aspesi ci ricorda il novantesimo compleanno di Pier Luigi Pizzi, regista e scenografo teatrale di fama mondiale e grande collezionista d’arte, che cadrà il 15 giugno. Il loro dialogo virtuale, anche il maestro si è convertito alla tecnologia e alle videoconferenze in questi mesi di forzata clausura per continuare a progettare mostre e scenografie, avviene nella splendida casa veneziana di Pizzi  sul rio di San Polo. Dove secondo la storia del palazzo avrebbe per un certo periodo abitato Tiziano, tra le migliaia di libri, una scelta di raffinati disegni seicenteschi e rossi vetri muranesi, è ora esposta la quadreria d’arte barocca che vede protagonista San Sebastiano, colpito dalle frecce simboliche della fulmineità di un’altra pandemia, la peste, ma dove non mancano qualche Maddalena in penitenza, temi questi affrontati anche dal pittore cadorino, e un imponente Suicidio di Catone che, quanto a truculenza, non ha nulla da invidiare al Supplizio di Marsia di Tiziano.

Una scelta forte quella di Pizzi, senza indulgenze, che punta sulle voci sole dei protagonisti dei suoi quadri relazionati con lo spazio e con il dibattito luce/ombra, ma che rispecchia pienamente la personalità del collezionista e si ritrova nella scenografia di tante sue opere, dal Macbeth di Verdi all’Orfeo di Monteverdi, al Rinaldo di Haendel, che ci si augura di poter rivedere presto alla Fenice.

In questa straordinaria ed evocativa casa-museo, Pier Luigi Pizzi sembra avvertire il fantasma dell’antico precedente inquilino, artista e imprenditore come lui, e ne è come rassicurato: “Chissà che mi porti buono, Tiziano è morto vecchissimo lavorando sino all’ultimo”.

Buon compleanno, maestro!

Il contributo si deve a Stefania Mason.


A Pieve di Cadore riapre la casa natale di Tiziano Vecellio

A Pieve di Cadore riapre la casa natale di Tiziano Vecellio

Casa Natale di Tiziano Vecellio – Pieve di Cadore

Anche la casa natale di Tiziano, insieme  ai Musei di Pieve di Cadore, riapre le porte per accogliere i visitatori dopo la chiusura forzata causata dalla pandemia. La riapertura è dettata dalla cautela, così per il mese di giugno le visite si fanno su prenotazione e gli accessi sono contingentati con percorsi separati in entrata e uscita, così da evitare gli assembramenti.

Naturalmente la Magnifica Comunità di Cadore ha provveduto alla sanificazione delle sue strutture e ha predisposto le norme adeguate per accogliere al meglio i visitatori. Infatti  le piccole dimensioni dei vani della casa impongono un’attenzione particolare.

Da qualche anno il piano terra è stato attrezzato per ospitare esposizioni a tema con il focus su singole opere di ambito vecelliano. Dal mese di luglio sarà la volta de La dedizione del Cadore a Venezia, di Cesare Vecellio, che sarà presentata al pubblico in occasione del suo restauro, avvenuto per la ricorrenza dei seicento anni dell’annessione del Cadore alla Serenissima.

Anche il Museo Archeologico Cadorino e  il Museo dell’Occhiale sono riaperti al pubblico seguendo gli stessi orari, dal venerdì alla domenica, e solo su prenotazione negli altri giorni.

Tutte le informazioni si trovano sul sito web:

www.magnificacomunitadicadore.it


Le Gallerie dell'Accademia di Venezia prese d'assalto dai visitatori

Le Gallerie dell’Accademia di Venezia prese d’assalto dai visitatori

Credit Alessandra Chemollo

Sono 1.102 le persone che tra sabato 30 e domenica 31 maggio hanno visitato le Gallerie dell’Accademia di Venezia. Il museo ha registrato nei primi sei giorni di apertura, da martedì 26 a domenica 31 maggio, un totale di 1.700 presenze. Un dato straordinario, alla luce dell’attuale situazione e delle restrizioni ancora in corso relative agli spostamenti tra regioni. Lo sottolinea, entusiasta, il Direttore Giulio Manieri Elia, il quale ha voluto, in questi giorni, essere presente tra le sale espositive, per accogliere i visitatori, che ha ringraziato attraverso le pagine social del museo.

È un risultato importante per Venezia, il Veneto e il Paese – ha dichiarato il Direttore –, è la luce dell’arte e della cultura che torna a riaccendersi in una fase così delicata. Ma è anche il segno del forte legame che questa antica istituzione ha con la comunità locale, che proprio nelle Gallerie dell’Accademia, la più grande collezione di arte veneta al mondo, ritrova il suo patrimonio, le sue radici, la sua storia”.

Il museo è aperto, nel rispetto di tutte le regole di sicurezza, dal martedì alla domenica dalle ore 8.15 alle 19.15. L’accesso è contingentato, fino a un massimo di 130 persone contemporaneamente. Obbligatori l’uso della mascherina e la distanza di sicurezza di due metri. Tutti coloro che visiteranno il museo saranno sottoposti, inoltre, al controllo della temperatura tramite apparecchiature termometriche. Attraverso il contributo del personale e l’opportuna segnaletica, in particolare un monitor dedicato nell’artwall collocato nell’atrio d’ingresso, saranno fornite tutte le informazioni necessarie al rispetto delle norme descritte.

Tutte le informazioni sono consultabili sul sito: www.gallerieaccademia.it


I “Tiziano” del Professore

I “Tiziano” del Professore


Una perizia di Giuseppe Fiocco (1968)

Il giorno fisso era il sabato. Il professore riservava un tavolino al Pedrocchi, lo storico caffè di Padova: uno alla volta cominciavano ad arrivare collezionisti e antiquari con cui aveva preso appuntamento. Portavano un quadro (se non troppo grande) e una fotografia in bianco e nero. Il professore analizzava l’opera e dopo poco cominciava a scrivere sul retro della fotografia.

Ad esempio così:

Questa tela di cm 48×38 rappresentante a mezzo busto una giovane Dama è, a mio parere, opera tipica e indubitabile di Tiziano. Nessuno al pari di lui sapeva dare alle sue figure una vita così poetica e positiva insieme. Spetta al Maestro intorno al 1550. G. Fiocco, Padova, 1 febbraio 1968.

Poi ritirava la busta con i soldi e qualche volta, se l’interlocutore gli era simpatico, gli sussurrava all’orecchio, sorridendo: “Vuole sapere chi è davvero l’autore del suo “Tiziano”? Damiano Mazza …”.

Giuseppe Fiocco era uno dei più noti studiosi d’arte italiani, conosciuto in tutto il mondo per le sue importanti ricerche, in particolare sull’arte veneta. Era stato allievo di Adolfo Venturi, uno dei padri della disciplina, e da lui aveva appreso la consuetudine di redigere perizie di questo genere. Ce ne restano centinaia. Ma non era il solo a compilarle, anzi. Quasi tutti i suoi colleghi che si occupavano di pittura praticando l’“attribuzionismo” – ossia l’individuazione di un autore di un’opera sulla base dell’analisi dei dati formali – erano letteralmente assediati da proprietari che desideravano stabilire la paternità, e di conseguenza il valore, dei quadri da loro posseduti. Ovviamente ci si rivolgeva agli specialisti più accreditati e disponibili a tali “collaborazioni”. Così, il mondo del collezionismo e del mercato dell’arte nel corso del ‘900 è stato inondato da perizie di questo genere, che accompagnavano – e ancora accompagnano – tantissimi dipinti. Ma che valore hanno tali certificazioni? Se inoppugnabilmente documentate, non poco: ma è rarissimo. Di solito zero, o poco più. È un dato di fatto, anche se non può fare piacere ai proprietari, che continuano a considerare quei pezzi come ‘tesori di famiglia’ e che però non possono che prendere amaramente atto della realtà quando si rivolgono a case d’asta e mercanti per rivendere le loro opere. La storia dell’arte avanza inesorabilmente e i suoi protagonisti si susseguono di continuo: chi era il numero uno un tempo, raramente lo è ancora, anzi, c’è sempre qualcuno di più aggiornato e à la page cui rivolgersi E quindi si riparte da zero … Quasi ogni opera d’arte pone problemi di identificazione e interpretazione: raramente c’è un punto fermo che consente di affermare con certezza un nome e una data. Non avete idea di quanti dipinti siano accompagnati da perizie che li dichiarano “eseguiti con certezza da Tiziano, Raffaello, Tintoretto & C.”, ma solo pochissimi lo sono davvero. Il problema è sempre lo stesso: chi è in grado di stabilirlo?

(Della serie: a volte è quasi meglio non averlo, uno ‘pseudo-Tiziano’ …)

Il contributo si deve a Enrico Maria Dal Pozzolo – Università di Verona

(Chi fosse interessato al tema, si veda, dello stesso Enrico Maria Dal Pozzolo, l’articolo dal titolo L’attribuzione non è sempre una scienza esatta, in “Robinson” supplemento settimanale de “La Repubblica”, n. 177, 9 maggio 2020, p. 23)


Riapre la mostra di Raffaello

Riapre la mostra di Raffaello

Raffaello, Madonna con il Bambino e san Giovannino (Madonna d’Alba), 1511 circa, National Gallery of Art, Washington

La grande mostra di Raffaello alle Scuderie del Quirinale riapre il prossimo 2 giugno, in coincidenza con la Festa della Repubblica.

La mostra del cinquecentenario della sua morte era stata chiusa a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19 a pochi giorni dalla sua apertura, che ora è prorogata fino al 31 agosto 2020. Ciò grazie ai musei prestatori che con generosità hanno concesso l’opportunità di prolungare le date di un’esposizione che per la prima volta riunisce oltre duecento capolavori provenienti da importanti collezioni nazionali e internazionali.

Anche le misure di sicurezza sono straordinarie perché delineate in un progetto scientifico tecnico– sanitario elaborato da un esperto del Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dell’Università La Sapienza.

In tal modo si offrirà ai visitatori un’occasione di tanta bellezza e di ritrovare la forza per ripartire.


Ma che belle le poesie ovidiane di Tiziano, anche in bianco e nero!

Ma che belle le poesie ovidiane di Tiziano, anche in bianco e nero!

Cornelis Cort  (Hoorn o Edam, 1533 ? – Roma, 1578 ?) da Tiziano Vecellio e bottega, Diana e Callisto, bulino su carta beige

Le sorprendenti poesie ovidiane di Tiziano, oggi riunite per la prima volta alla National Gallery di Londra, furono eseguite per Filippo II  intorno alla metà degli anni cinquanta del Cinquecento e sono così chiamate perché hanno per tema alcuni episodi delle Metamorfosi di Ovidio, un vero e proprio compendio di racconti mitologici di età greco-romana, che nei secoli ha ispirato moltissimi artisti.

Fin da subito esse riscossero un grande successo, presto intuito dallo stesso maestro cadorino, che negli anni aveva ingaggiato una serie di valenti xilografi e incisori che lavoravano alle sue dipendenze, riproducendo a mezzo stampa le sue invenzione più felici, spesso inviate come doni diplomatici ai sovrani di mezza Europa.

La Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore di Pieve di Cadore possiede due preziose incisioni a bulino della Diana e Callisto, una delle poesie ovidiane più celebri e lodate dalle fonti, eseguite dal disegnatore e incisore olandese Cornelis Cort, che divenne uno dei più stretti collaboratori del maestro, di cui elaborava i disegni da esser messi sotto al torchio sotto la sua stretta sorveglianza e solo dopo la sua approvazione. Una delle due versioni del soggetto risulta firmata e datata 1566, proprio l’anno in cui il Vecellio, da scaltro imprenditore dell’immagine quale era, riuscì ad ottenere dalla Signoria veneziana un Privilegio di stampa, da intendersi quasi come un primo passo verso il moderno ‘diritto d’autore’.

Le poesie ovidiane ebbero un tale successo nei secoli che furono più volte riprodotte, anche in uno dei più sontuosi cataloghi illustrati di una collezione privata, quella ricchissima del duca Filippo d’Orléans, reggente di Francia, edito a Parigi tra il 1786 e il 1808, di cui la Fondazione possiede una grande e raffinata acquaforte che riproduce la maestosa tela con il Perseo e Andromeda della Wallace Collection di Londra, ora pure presente nell’esposizione londinese.

Il contributo si deve a Francesca Cocchiara
Curatrice della collezione di stampe della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore


Tiziano. Amore, desiderio, morte. Una mostra senza visitatori

Tiziano. Amore, desiderio, morte.
Una mostra senza visitatori

Tiziano Vecellio, Il ratto di Europa (1560-62), Isabella Stewart – Gardner Museum, Boston

Anche i musei e le mostre hanno dovuto sottostare alle chiusure imposte dai diversi governi per far fronte all’attuale situazione sanitaria. Tale decisione ha interessato pure la mostra Titian. Love, Desire, Death (Londra, National Gallery), che ha chiuso i battenti lo scorso 19 marzo, dopo soli tre giorni dalla sua inaugurazione.

La mostra riunisce la serie di dipinti a soggetto mitologico realizzati da Tiziano per Filippo d’Asburgo (1527-1598) noti come “poesie”. Si tratta di Danae (Londra, Apsley House, Wellington Collection), Venere e Adone (Madrid, Museo del Prado), Perseo e Andromeda (Londra, Wallace Collection), Diana e Atteone e Diana e Callisto (Londra, National Gallery, e Edimburgo, National Galleries of Scotland), e del Ratto d’Europa (Boston, Steward Gardner Museum). Eseguiti tra il 1551 circa e il 1562, i dipinti rappresentano uno degli apici della carriera di Tiziano, nonché una delle serie più influenti della pittura europea.

Risulta quasi ironico pensare che un così importante ciclo pittorico sia stato visto nel suo insieme soltanto da pochissime persone, sicuramente non da Tiziano (che non visitò mai Madrid), ma nemmeno dai successori di Filippo. Già sul finire degli anni Settanta, infatti, il Perseo e Andromeda fu donato a un segretario del sovrano, e lasciò l’Alcazar. Nei secoli successivi altri dipinti del ciclo lasciarono le collezioni spagnole, e ora si trovano sparpagliati in diversi musei. Questa straordinaria mostra riunisce pertanto il ciclo tizianesco per la prima volta in oltre 400 anni, arricchendolo con la Morte di Atteone (Londra, National Gallery). Concepito come parte del ciclo da Tiziano, che lo nomina anche in una missiva al suo committente (1559), il dipinto non fu mai spedito in Spagna. Rimase invece parte del materiale di bottega sino alla morte di Tiziano, avvenuta quando a Venezia divampava una terribile ondata di peste (1576).

Per un crudele gioco del destino, un’altra epidemia costringe ora le “poesie” a rimanere ‘isolate’, di nuovo insieme sì, ma senza spettatori che possano godere della loro riunione. Un’ennesima beffa che paradossalmente rende ancora più unica questa mostra, che se non dovesse riaprire passerebbe senz’altro alla storia come uno dei giù grandi ‘rimpianti’ di sempre.

Il contributo si deve a Thomas Dalla Costa,
Harry M. Weinrebe Curatorial Fellow
The National Gallery of London


Dialogo con Albrecht Dürer

Dialogo con Albrecht Dürer

Livio Ceschin, Suggestioni segrete, tecnica mista (incisione e punta d’argento su carta calcografica), 2019

Suggestioni segrete: è l’intrigante  immagine di uno stagno con alberi ai bordi che si riflettono nell’acqua. L’atmosfera è autunnale, forse invernale. Uno squarcio di paesaggio, niente di più. A destra, su un fondo blu, appare come una visione onirica l’effigie di Albrecht Dürer, ripresa dall’autoritratto di Monaco.

L’opera è preziosa, di grande fascino; eseguita su carta e realizzata con una raffinata combinazione di tecniche, fra il bulino (il paesaggio) e la punta d’argento (il ritratto). Si tratta di tecniche antiche, laboriose e difficili. Il risultato riassume le passioni dell’artista: il paesaggio nella sua espressione melancolica, cupa, abbandonata, e l’opera del grande artista grafico e disegnatore del Rinascimento tedesco, Dürer, per l’appunto.

L’autore del foglio è Livio Ceschin, nato a Pieve di Soligo nel 1962, che vive e lavora a Montebelluna. Fra i conoscitori della materia, Livio viene considerato tra i più bravi artisti grafici di temi figurativi della sua generazione. Lo scorso inverno, prima della chiusura causata dal Coronavirus, ha ripercorso parte del viaggio compiuto da Dürer, probabilmente nel 1494, attraverso il Tirolo e l’Altro Adige.

Fu un viaggio epocale, quello del pittore tedesco, documentato tramite una serie meravigliosa di disegni ed acquerelli. Riprendendo le traccie di Dürer, Livio  ha ripercorso a piedi – e non in macchina, come tiene a precisare – buona parte della Val di Cembra,  disegnando e schizzando, misurandosi in tal modo con il suo grande predecessore.

Un percorso, quello di Livio Ceschin, che fa parte di un progetto ambizioso che dovrebbe finalizzarsi in una mostra che evidenzia il dialogo tra un artista veneto contemporaneo di grande talento  e  Dürer, uno dei protagonisti assoluti del Rinascimento europeo.