La storia dell’arte illustrata e la stampa di traduzione tra XVIII e XIX secolo
Convengo Internazionale di Studi su La storia dell’arte illustrata e la stampa di traduzione tra XVIII e XIX secolo
Francesco Borsi da Tiziano Vecellio, Deposizione nel sepolcro, acquaforte e bulino (con coloritura ad acquerello), seconda metà del XVIII secolo
Il 10 e 11 giugno 2021 si terrà un Convengo Internazionale di Studi su La storia dell’arte illustrata e la stampa di traduzione tra XVIII e XIX secolo, un evento che si potrà seguire online sulla piattaforma Microsoft Teams, organizzato dal Dipartimento di Lettere, Arti e Scienze Sociali dell’Università degli Studi di Chieti-Pescara “G. D’Annunzio”. I temi che verranno affrontati, da studiosi italiani e stranieri, di calibro internazionale, sono molteplici e abbracciano una produzione illustrativa e riproduzionistica lunga almeno due secoli, con riflessioni artistiche, iconografiche, storiografiche, editoriali, collezionistiche e letterarie di grande interesse.
A tale importante occasione di incontro e di studio parteciperà anche, nella giornata di venerdì 11 giugno, alle ore 15, la curatrice della raccolta di stampe della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore Francesca Cocchiara, con un intervento focalizzato sul tema di Tiziano nelle incisioni di traduzione tra XVIII e XIX secolo, conservate nella raccolta della Fondazione stessa, ad oggi il nucleo più ricco – numericamente e non solo – presente in Italia per tali tipi di materiali.
Nel suo contributo, la studiosa si proporrà di delineare il fenomeno dell’eccezionale diffusione figurativa dell’opera pittorica e grafica del maestro cadorino, evidenziando alcuni aspetti finora mai indagati dalla critica, quali nodi attributivi – spesso errati o fraintesi – aspetti riguardanti le stime numeriche dei soggetti riprodotti, nonché questioni di carattere tecnico, visto che proprio durante i secoli interessati dal Convengo i procedimenti della stampa d’arte subirono notevoli progressi.
Si invitano, dunque, gli amici della Fondazione, gli appassionati e tutti coloro che potranno essere interessati a questo tema, a seguire il ricco Convegno, in modalità online registrandosi al seguente indirizzo email: lastoriadellarteillustrata@gmail.com
Tiziano, tra arte e affari
Tiziano, tra arte e affari
Tiziano Vecellio, Ritratto di Isabella d’Este, 1534-1536, Kunsthistorisches Museum , Vienna
Nell’epistolario di Tiziano[1], a cura di Lionello Puppi e pubblicato nel 2012 per conto della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, vengono raccolte le lettere scritte e ricevute dall’artista ai familiari e ai prestigiosi committenti. Dalla lettura delle missive emerge una differenza stilistica importante: quando si rivolge ai familiari scrive di proprio pugno. Il tono risulta brusco e non si cura di calligrafia e di garbo formale; al contrario, lo scritto diventa fluido e corretto se i destinatari sono imperatori, dogi e cardinali in quanto ben confezionato dagli scrivani a cui Tiziano si rivolge. Infatti se la lettera doveva raggiungere l’imperatore Carlo V, o i principi italiani, ricorreva a scrivani di professione, come Giovan Mario Verdizzotti, a suo servizio nella bottega, e a volte al linguaggio elegante e raffinato dell’amico Pietro Aretino.
I documenti riportano informazioni della sua vita professionale che le sole opere d’arte non sono in grado di svelare, e che rimarcano la natura imprenditoriale dei Vecellio. Comunque in tutti gli scritti predomina l’interesse ossessivo per i soldi.
Ma come per tanti artisti dell’epoca il recupero dei crediti non risultava spesso così scontato. Il complicarsi delle trattative per un dipinto era un problema comune a molti colleghi e potevano non essere sufficienti energie e abilità politiche per la riscossione di un saldo. Ancor più si faceva difficile se le committenze erano importanti come quella di Carlo V o Filippo II, per i quali concedere la posa e l’effige all’artista era considerata già una lauta gratificazione. Mentre il premio in denaro un puro valore simbolico, ideale estraneo a Tiziano, che a capo di una grande bottega doveva stipendiare i propri collaboratori e apprendisti.
Dall’epistolario di Tiziano emerge infatti un rapporto “tormentato” con il denaro, per cui investe energie, sia nel sollecitare un compenso, sia nel tentare di farsi abbassare le tasse imposte dalla Serenissima.
Per Tiziano, una volta acquisita notorietà, fu difficile pensare di realizzare i quadri senza spendersi nella cura dei propri guadagni. Di questo non se ne interessò il suo primogenito Pomponio che, morto Tiziano, fu presto capace di dissipare l’intero patrimonio, disperdendo le eccezionali opere di mano dell’artista custodite nella bottega.
[1] Tiziano. L’epistolario a cura di L. Puppi, Alinari-24Ore, 2012.
Destina il 5 per mille dell’IRPEF alla Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore
Destina il 5 per mille dell’IRPEF alla
Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore
Investi in cultura
il tuo aiuto ci permette di valorizzare il grande pittore
e la sua terra, il Cadore,
nonché di investire nella formazione e nella creatività dei giovani
Destina il 5 per mille dell’IRPEF
alla Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore
con la dichiarazione dei redditi del 2020
Va indicato nell’apposito spazio della dichiarazione il
Codice fiscale 92013390254
Stefania Mason nuova presidente del Consiglio scientifico
Stefania Mason nuova presidente del Consiglio scientifico
Nel corso del Consiglio generale della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore, la presidente Maria Giovanna Coletti informa i Soci della nomina di Stefania Mason a nuova presidente del Consiglio scientifico, eletta all’unanimità per il triennio 2021/23.
Succede a Bernard Aikema, a cui si deve il merito di aver impostato il metodo di ricerca basato sul rapporto tra centro e periferia, di aver diretto i progetti del Centro Studi e di essere stato il curatore delle quattro linee editoriali, che hanno portato alla pubblicazione di circa venti titoli.
Le neo eletta, già professore ordinario di Storia dell’arte moderna e direttore della Scuola di Specializzazione in Storia dell’arte dell’Università di Udine, ha diretto le sue ricerche soprattutto verso la pittura e la grafica veneta, tra Quattrocento e Seicento, dagli artisti forestieri a Venezia, allo studio sistematico di Palma il Giovane di cui ha pubblicato il catalogue raisonné e di cui ha esposto molti disegni al Museo Correr di Venezia (1990).
Si è dedicata anche alla pittura narrativa di Vittore Carpaccio, alla bottega di Jacopo Bassano, alle opere di Giorgione, Tiziano e Veronese nelle collezioni veneziane, alla pittura su pietra nera. E’ stata impegnata per le recenti celebrazioni di Tintoretto in occasione delle mostre di Colonia/Parigi e Venezia/Washington. Nel 2018 ha curato la mostra di Ajaccio sulla pittura del Seicento a Venezia.
Ha ideato e diretto il progetto “Il collezionismo artistico a Venezia dalle origini al Settecento”, per la Fondazione Venezia, culminato nei tre volumi (2007, 2008, 2009).
Ha tenuto cicli di lezioni di lezioni a Tokio, Kyoto, e Parigi. Alla Sorbona ha tenuto un corso di dottorato in Storia dell’Arte.
E’ spesso ospite in convegni a New York, Cambridge, Madrid e Londra. Ha fatto parte dell’Adivisory Commettee del Getty Research Institute di Los Angeles.
Fa parte del comitato scientifico di « Arte Veneta », « ArtItalies », « Studi tizianeschi », ed è socia dell’Ateneo Veneto.
Nel discorso programmatico indirizzato ai soci e ai membri del Consiglio Scientifico Stefania Mason si dice onorata del nuovo incarico che svolgerà mantenendo il doppio indirizzo negli studi, internazionale e locale. Si impegnerà nel rafforzare il patrimonio delle stampe e della fototeca.
I progetti locali valorizzeranno i beni del territorio e sarà portato a termine il progetto sulle dimore storiche del Comelico e del Cadore. Di volta in volta darà vita a comitati ad hoc, come prevede lo Statuto del Centro Studi, per le iniziative locali della Fondazione, in collaborazione con le Istituzioni e gli studiosi del Cadore.
Premio annuale intitolato alla memoria di Gemma Donata Nicolosi Dal Pozzolo
Premio annuale intitolato alla memoria di Gemma Donata Nicolosi Dal Pozzolo
La Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore promuove la quarta edizione del premio annuale intitolato alla memoria di Gemma Donata Nicolosi Dal Pozzolo. Possono partecipare giovani studiosi italiani e stranieri (di età non superiore ai 35 anni compiuti) che presentino un saggio inedito su Tiziano, relativo ad aspetti legati alla biografia, alla produzione, alla committenza, al collezionismo, alla ricezione critica, al restauro e alla diagnostica, ammettendo pure contributi relativi alla famiglia Vecellio, alla bottega, alla stretta cerchia, alle derivazioni, alle copie e alle falsificazioni. Il saggio dovrà presentare elementi di originalità con dati o interpretazioni nuovi.
Il testo (di lunghezza non inferiore a 20 cartelle, per 2000 battute l’una, note comprese) potrà essere redatto in lingua italiana, in inglese o in francese e verrà giudicato dal Consiglio Scientifico della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore (costituito da Stefania Mason, presidente, Bernard Aikema, Enrico Maria Dal Pozzolo, Miguel Falomir, Augusto Gentili, Sylvia Ferino-Pagden, Frederick Ilchman).
Al vincitore saranno assegnati 1500 euro, più il rimborso delle spese di trasferta (per un massimo di 500 euro) sostenute e documentate per la consegna del premio, che avverrà a Pieve di Cadore nell’arco della rassegna dell’Estate tizianesca. Il saggio sarà pubblicato in uno dei volumi della rivista “Studi Tizianeschi”. La commissione si riserva altresì di segnalare come idonei alla pubblicazione entro la stessa rivista altri saggi non premiati economicamente. Non potranno partecipare i vincitori di una delle edizioni precedenti.
I testi devono essere inviati entro e non oltre il 15 giugno 2024, con le immagini relative, libere dai diritti di riproduzione, all’indirizzo email della Fondazione: centrostudi@tizianovecellio.it
La comunicazione sarà data al vincitore entro il 15 luglio 2024 e resa pubblica nel sito della Fondazione.
Gemma Donata Nicolosi Dal Pozzolo è nata a Gorizia il 10 agosto del 1940. Appassionata d’arte, si è formata all’Università Internazionale dell’Arte di Venezia, specializzandosi in restauro di dipinti antichi, sotto la guida del prof. Clauco Benito Tiozzo. Per anni ha lavorato come restauratrice per collezionisti privati, ma si è soprattutto dedicata alla sua famiglia, con cui ha condiviso l’amore per la pittura, la natura, gli animali e la verità. È scomparsa a Padova l’8 gennaio del 2021.
GLI IMPREVISTI DEL MESTIERE
Gli imprevisti del mestiere
Tiziano Vecellio, Ritratto di Carlo V a cavallo, 1548, Museo del Prado, Madrid
Il 1° settembre 1548 Tiziano scriveva, in una delle sue lettere indirizzate ad Antoine Perrenot de Granvelle, che “Anchor mi starò sei zorni qua per spedir de Sua Maestà a cavalo, il qual porta più tempo de quello che io pensava[1]”. Come si può ben intendere il dipinto di cui si scrive è proprio il famoso Ritratto dell’Imperatore Carlo V a cavallo a Mühlberg, oggi conservato presso il Museo Nacional del Prado, che commemora la vittoria di un anno prima del sovrano sulle truppe della Lega di Smalcalda.
Quello che forse a molti è sconosciuto è il motivo del ritardo della consegna. I dipinti ad olio su tela necessitavano di lunghi periodi di “stallo” per l’asciugatura dei colori e delle vernici utilizzati. Per questo motivo era pratica comune esporre i dipinti, solitamente eseguiti durante la stagione calda estiva, all’azione del vento o delle correnti d’aria. Proprio in occasione di uno di questi momenti di asciugatura all’aria il dipinto di Carlo V a cavallo sarebbe infatti stato sollevato da una folata e sarebbe andato a sbattere contro un palo con violenza. La tela si strappò così in corrispondenza della groppa del cavallo provocando una lacerazione a forma di sette. Tiziano dovette correre ai ripari, anche grazie all’aiuto del pittore Christoph Amberger, ricucendo lo strappo e ridipingendo la parte lesionata, posticipando così la consegna alla committenza. L’incidente accaduto, sapientemente nascosto all’occhio dei contemporanei di Tiziano, è stato però riportato alla luce in un restauro del 2009 del Museo del Prado nel quale grazie alle indagini diagnostiche è stato possibile vedere la lacerazione e il successivo intervento dell’artista.
Imprevisti di questo tipo risultavano essere frequenti non solo tra i più “maldestri” pittori, ma anche tra i più grandi e importanti pittori, come appunto nel caso appena visto di Tiziano. La grande differenza e abilità stava però nel saper sapientemente porre rimedio al danno, riuscendo a ingannare così anche l’occhio della famiglia imperiale che accolse di buon grado il dipinto tizianesco.
[1] Lettera integrale disponibile in Tiziano. L’epistolario a cura di L. Puppi, Alinari-24Ore, 2012, pp.155-157.
FIGURE FEMMINILI NEL MITO E NELLA CULTURA: IL CASO DI EVA
Figure femminili nel mito e nella cultura: il caso di Eva
Tiziano Vecellio, Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, dettaglio, (1550 ca.), Museo del Prado, Madrid
Nella storia culturale occidentale la figura femminile è stata da sempre carica di significati tra i più vari e anche opposti. Le donne del mito e della storia antica sono legate alla conoscenza, alla disobbedienza, alla forza, alla sottomissione, al sovvertimento delle regole imposte dalla società. Abbiamo conosciuto Dee, Sibille, Muse, eroine delle tragedie, del mito, della cristianità che in maniera differente hanno subìto il loro destino o ne sono state invece le protagoniste.
Eva, una tra le donne più importanti di tutta la storia, è considerata la “disobbediente” per antonomasia, accusata di indurre al Peccato e di aver cambiato le sorti “in negativo” del genere umano, che da allora in poi sarà costretto a dover lavorare, a dover soffrire. Ma Eva non è soltanto colei che induce al peccato, è anche colei, come riporta Bettina Knapp in Women in Myth, che comprende “il potere insito nel frutto che pende dall’albero della conoscenza del bene e del male nel Giardino dell’Eden”. Una donna coraggiosa che cerca la conoscenza, che cerca di comprendere l’ignoto, di fare un passo avanti verso il progresso, qualunque conseguenza esso porti con sé. la disobbedienza e la curiosità di Eva diventano quindi, secondo alcuni studiosi, l’emblema della scienza che attraverso le sue scoperte è in grado di cambiare l’intera struttura ed esistenza umana.
Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre è un dipinto a olio su tela di Tiziano realizzato intorno al 1550, e dal 1585 inventariato tra le proprietà di Antonio Pérez. In esso il pittore riprende la posizione dei due progenitori, Adamo seduto ed Eva in piedi, dalla rappresentazione del medesimo soggetto a opera di Raffaello nella Stanza della Segnatura. Nonostante in questa rappresentazione non si alluda alla “spontanea” volontà di Eva di raccogliere il frutto, quanto ad una tentazione da parte del bambino-serpente, la figura di Eva è messa però in grande risalto all’interno della composizione e quindi della storia, grazie alla posa innaturale della figura e all’utilizzo di una colorazione brillante della carnagione della donna.
IL MUSEO DEL PRADO INAUGURA UNA NUOVA MOSTRA CON TIZIANO TRA I PRINCIPALI PROTAGONISTI
Il Museo del Prado inaugura una nuova mostra con Tiziano tra i principali protagonisti
Tiziano Vecellio, Baccanale degli Andrii, (1523-1526), Museo del Prado, Madrid
Il Museo Nacional del Prado riporta i visitatori nelle sale grazie alla mostra, inaugurata il 2 marzo scorso, dal titolo Mythological Passions: Tiziano, Veronese, Allori, Rubens, Ribera, Poussin, Van Dyck, Velázquez. La mostra che durerà fino al 4 luglio, organizzata in collaborazione con la National Gallery di Londra e il Museo Isabella Stewart Gardner, offre l’opportunità unica di vedere insieme i più importanti dipinti a soggetto mitologico realizzati in Europa tra il XVI e il XVII secolo. Tra i 29 capolavori esposti, 16 dei quali di proprietà del Prado e 13 in prestito da altri musei, figurano dipinti quali Perseo e Andromeda di Veronese, Paesaggio con Piramo e Tisbe di Poussin e Le Filatrici di Velazquez.
Particolare significato assumono in questa mostra i sei dipinti realizzati da Tiziano per Filippo II a partire dal 1551, e conosciuti come Poesie, che per la prima volta dopo il XVI secolo si ritrovano di nuovo riuniti insieme in Spagna. La mostra del Prado, che fa seguito a quella conclusasi il 17 gennaio scorso alla National Gallery di Londra intitolata Titian: Love Desire, Death, permette quindi di inserire i dipinti di Tiziano nella cornice più ampia delle produzioni artistiche europee con soggetto mitologico, valorizzando l’opera del pittore che si presenta come uno dei maggiori interpreti, nonché punti di riferimento, per lo sviluppo del tema.
L’evento è stato possibile grazie alla collaborazione tra i diversi musei nei quali i dipinti sono conservati, rimarcando così anche l’importanza e la necessità di una sempre attiva collaborazione tra le istituzioni nell’ottica di far rivivere e diffondere l’arte e la bellezza nella società contemporanea. Miguel Falomir, direttore del museo nonché curatore della mostra assieme ad Alejandro Vergara, ha così espresso l’importanza di questa mostra che “riunisce una delle serie più belle, complesse e influenti all’interno della pittura europea” e che ci dimostra la grande capacità e lo sforzo di tutto personale nel riuscire a concretizzare un tale evento durante la pandemia da Coronavirus.
La “crudel impresa” di Cadore
La “crudel impresa” di Cadore
Tiziano Vecellio, Battaglia di Spoleto (ca. 1538), Museo del Louvre, Parigi
Una delle battaglie più importanti della storia moderna che avrebbe cambiato le sorti e i giochi di potere nello scenario europeo avvenne proprio in Cadore.
Massimiliano I d’Asburgo intendeva scendere in Italia per affermare le “quaestioni” tedesche e imperiali, in netta contrapposizione con la sempre più crescente influenza francese. Ma Venezia vedeva nella marcia dell’Imperatore verso Roma anche una possibile occasione di attacco alla sua potenza, in quegli anni in continua espansione. Disposte le truppe lungo i confini e valichi d’accesso alla Penisola, nei pressi del Cadore e del Friuli, e iniziata la discesa verso l’Italia, lo scontro si prospetta ormai inevitabile.
Giovedì 2 marzo 1508 i Veneziani guidati da Bartolomeo d’Alviano costrinsero infatti le truppe tedesche a combattere nei pressi di Rio Secco, dopo aver tagliato ogni via possibile di rifornimento e di fuga. In meno di un’ora di battaglia tra la neve, scesa copiosa in quei giorni, fanti, cavalleggeri, balestrieri e stradiotti uccisero, inseguirono e annegarono più di 1500 nemici delle truppe tedesche, decretando così la vittoria veneziana. Lo stesso provveditore Cornèr la sera del 2 marzo scrive a Venezia di aver fatto “atroce pugna” e di “aver visto a Valle il locho del conflitto, corpi si spogliavano fin qui 1100, era neve e sangue”.
Qualche anno dopo, nel 1513, Tiziano scrivendo al doge di Venezia e al Consiglio dei Dieci chiese di poter lasciare alla città qualche memoria nella Sala del Maggior Consiglio iniziando a dipingere “dal teler nel qual è quella bataglia”. Purtroppo le fonti archivistiche non specificano il soggetto della rappresentazione, ma alludono semplicemente ad una battaglia “terrestre”. Nel corso degli anni diverse interpretazioni hanno riconosciuto nel telero, di cui rimangono alcune documentazioni visive, come lo schizzo preparatorio del Louvre, proprio la rappresentazione della Battaglia di Cadore.
Un libro sugli abiti per conoscere la storia e le curiosità dei popoli
Un libro sugli abiti per conoscere la storia e le curiosità dei popoli
Tra le opere conservate nella biblioteca della Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore il libro di Cesare Vecellio De gli habiti antichi, et moderni di diverse parti del mondo rappresenta un’importante e curiosa testimonianza di produzione libraria del XVI secolo. Stampato nella sua prima edizione nel 1590 presso Damiano Zenaro, l’opera intende raccogliere, illustrare e descrivere gli abiti antichi e contemporanei all’autore provenienti dalle diverse parti del mondo. Tra le oltre 400 incisioni, vengono presentati al lettore in una veste grafica originale gli abiti provenienti dall’Europa, dall’Asia e dall’Africa (nella seconda edizione del 1598 vengono inoltre aggiunte 103 incisioni di cui circa 20 dedicate ai costumi provenienti dalle Americhe). Gli Habiti appartengono al genere del “libro di costumi”, molto diffuso nell’Europa della seconda metà del XVI secolo.
Le tavole di cui è composta l’opera sono delle xilografie in bianco e nero che offrono al lettore la possibilità di avere a corredo dell’immagine dell’abito anche un commento che ne traccia l’origine, la storia e l’evoluzione, andando di fatto a proporre una vera e propria testimonianza etnografica. Le singole illustrazioni presentano una figura, maschile o femminile, in diversi atteggiamenti e posizioni, che indossa l’abito con al di sopra l’indicazione del soggetto rappresentato, il tutto racchiuso entro una ricca cornice. A seguire viene inserito il commento che spiega l’abito a cui si aggiunge molto spesso anche una testimonianza diretta dello stesso Cesare Vecellio.
Tra le varie tavole vi proponiamo quella che ritrae la figura del Pizzicamorti, colui che era deputato a vestire e seppellire i morti. Queste figure molto importanti soprattutto nei periodi di pestilenza erano assoldate dal Magistrato della Sanità che ricorreva anche a dei detenuti nei casi di particolari urgenze. Come ci riferisce precisamente Cesare Vecellio nel commento all’illustrazione, i Beccamorti o Pizzicamorti di Venezia erano vestiti con “un mantello assai ben lungo di color berettino, bigio, ò fratesco, il quale è aperto d’avanti, et di qua, et di là dalle braccia. Sotto il quale portano un’altra veste lunga fino à mezza gamba; et in testa hanno un berrettino del medesimo colore della veste, et il simile è quello delle calze, et delle scarpe”. Queste figure così abbigliate giravano per la città entrando anche con la forza nelle dimore di coloro di cui non si avevano notizie da giorni per caricarli sulle barche e trasportarli nei luoghi adibiti alla sepoltura. Così facilmente riconoscibili tutti cercavano di evitarli in quanto pericolosi, poiché di fatto erano gli unici ad avere contatti così stretti con la peste, e considerati privi di compassione umana, poiché molto spesso rubavano nelle case dei defunti.