MARSEL GROSSO
Tiziano e «il mestiere delle armi»
Venerdì 30 luglio ore 18.00
Sala polifunzionale – Valle di Cadore
Il perduto «quadro della battaglia» (Dolce 1557), realizzato da Tiziano per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale e noto attraverso stampe e la copia conservata nelle Gallerie degli Uffizi, giunge a conclusione di un decennio importantissimo per il maestro, non solo dal punto di vista della sua evoluzione stilistica, ma anche della committenza. La lunga gestazione del telero, conclusasi nel 1538, si incrocia, infatti, con l’affermazione di Tiziano nell’ambito delle corti dell’Italia centrale e con la nomina a conte palatino conferitagli da Carlo V nel 1533.
L’impegno nel campo della ritrattistica è in questo momento straordinario, con un accento particolare sull’elaborazione di un nuovo modello di ritratto di stato, o State Portrait – come è stato indicato nella letteratura anglosassone –, in cui la rappresentazione del potere si somma a una capacità non comune di restituire la psicologia dell’effigiato e il prestigio del rango, uniti a una straordinaria fedeltà fisiognomica. Il celebre passo tratto dalla biografia Giuntina (1568) di Giorgio Vasari dedicata al Vecellio rende bene l’idea delle proporzioni immense del tema e di come debba necessariamente essere affrontato con uno sguardo di apertura al contesto politico e culturale internazionale: «Non è stato quasi alcun signore di gran nome, né principe, né gran donna, che non sia stata ritratta da Tiziano». Grazie a Tiziano, l’arte del ritratto divenne un segno di distinzione sociale, parte essenziale della comune cultura occidentale, succedendo ad altre forze spirituali in via di scomparire; gli stessi storici non potranno fare a meno di riferirsi alle trame tessute dai protagonisti di questa epoca, papi, imperatori e condottieri, senza poter fare a meno di citare le interpretazioni datene dal Vecellio nei suoi dipinti.
L’incontro di Valle di Cadore sarà l’occasione per analizzare alcuni esempi di notevole importanza per lo sviluppo del ritratto ufficiale in armatura tra il quarto e il quinto decennio del Cinquecento, una tipologia connessa con l’idea stessa della rinascita del Sacro Romano Impero incarnata da Carlo V all’indomani dell’incoronazione imperiale, avvenuta a Bologna nel febbraio del 1530. Il perduto ritratto dell’imperatore in armatura, realizzato da Tiziano per celebrare questo evento, rappresentò immediatamente un modello di riferimento per tutti quei capitani e professionisti dell’arte della guerra che, attraverso la propria immagine, vollero tramandare ai posteri gli stessi ideali cavallereschi: dal futuro governatore di Milano, il marchese del Vasto Alfonso d’Avalos, al duca d’Urbino Francesco Maria I Della Rovere. Lo stupendo ritratto del duca (1536-1538, Firenze, Gallerie degli Uffizi), oltre ad essere uno dei vertici della ritrattistica tizianesca, rappresenta anche l’opera più vicina a quell’esercizio di ricostruzione all’antica che furono la serie dei ritratti dei Dodici Cesari, richiesti al maestro nel 1536 dal duca di Mantova Federico II Gonzaga per il suo Camerino dei Cesari, e la stessa Battaglia di Cadore per la Sala del Maggior Consiglio in Palazzo Ducale.
Marsel Grosso
Si laurea in DAMS nel 2002 presso l’Università degli Studi della Calabria, e consegue il titolo di Dottore di ricerca in Storia dell’arte presso l’Università degli Studi di Udine nel 2008. Ottiene quindi una serie di assegni di ricerca presso l’Università degli Studi di Padova, per lo svolgimento del progetto strategico EVERE – European and Venetian Renaissance (2015 e 2017), e un progetto di ricerca biennale dedicato a Francesco Sansovino e le arti figurative (2018-2019). Nel 2018 consegue l’abilitazione a ruolo di professore universitario di seconda fascia in Storia dell’arte, e attualmente è Ricercatore presso l’Università degli Studi di Padova. Ha partecipato come relatore e curatore a numerosi convegni nazionali e internazionali, e ha contribuito con la stesura di schede alla realizzazione dei cataloghi di diverse mostre. Insieme ad Helmut Friedel e Giovanni Iovene ha curato la mostra Tiziano/Gerhard Richter. Il Cielo sulla Terra, tenutasi a Palazzo Te tra il 2018 e il 2019. Si è occupato principalmente di pittura veneta del Cinquecento e in particolare di Tiziano di cui ha ricostruito la fortuna critica nell’Italia meridionale, un episodio trascurato dagli studi attorno al quale ha ricostruito un contesto di scambi tra letterati e uomini di scienza, tra Cosenza, Napoli, Padova e Milano, non perdendo di vista la specificità della ricerca stilistica dell’artista e il problema della verifica sulle fonti coeve. La lettura intrecciata di documenti figurativi, voci letterarie e problemi cronologici che il tema impone, gli ha permesso di mettere in luce nuovi episodi che riguardano i rapporti del maestro con la committenza filoimperiale a Sud e a Nord dell’Italia spagnola. Spostando l’analisi a privilegiare il versante letterario, al di là dei protagonisti dichiarati quali Pietro Aretino e la complessa vicenda dei suoi ritratti, nuova luce hanno ricevuto la produzione tarda del Vecellio a carattere allegorico per Filippo II e il profilo di Nicolò Franco. Si è occupato, inoltre, del rapporto di Vasari con la cultura figurativa veneziana, di Battista Franco e di Tintoretto nel passaggio tra quarto e sesto decennio del Cinquecento, in cui si compie anche l’incontro del pittore con la letteratura contemporanea (Aretino, Pino, Calmo, Doni, Sansovino).
Tra le sue pubblicazioni: Per la fama di Tiziano nella cultura artistica dell’Italia spagnola. Da Milano al viceregno, Udine, Forum, 2010), e insieme a Gianmario Guidarelli, Tintoretto e l’architettura, Venezia, Marsilio, 2018.
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